24 giugno, 2017

“Deu seu Jana Maistra” [2017]

 


SCHEDA TECNICA
 
Anno di produzione: 2017
Genere: drammatico - esoterico - storico.
Personaggi: 1.
Struttura: monologo.


TRAMA
 
una Jana (figura mitologica femminile della tradizione sarda) racconta se stessa con struggente consapevolezza del proprio status di Donna “diversa” e pertanto discriminata.  


RAPPRESENTAZIONI

A cura della della Compagnia “Il Teatro del Carro” di Molfetta, con la regia di Francesco TAMMACCO e l’interpretazione di Isabella RAGNO.


TESTO

IN FASE DI IMMINENTE RIMANEGGIAMENTO

La protagonista è seduta su una sedia in posizione inversa rispetto al consueto: cioè con il petto poggiante sullo schienale e le gambe oscenamente divaricate. In alternativa (se consentito dallo spazio e dalle risorse scenografiche disponibili) può anche iniziare distesa languidamente su un letto disfatto, per poi muoversi in funzione delle esigenze recitative. 

Se l’azione scenica si svolge all’aperto, sarebbe opportuna la presenza di un falò acceso.

La protagonista deve immediatamente comunicare al pubblico un’aura di intenso erotismo. Indossa capi di vestiario intimi, fondamentalmente indugianti sulle trasparenze: in particolare porta una sottoveste (o un baby-doll) che lasci adeguatamente intravedere sia la sottostante lingerie che l’incarnato.

Collo, braccia, cosce, gambe e piedi sono completamente nudi.

L’aspetto generale è discinto non per trascuratezza, ma in quanto ha da poco ultimato una intensa sessione erotica. Il trucco è quindi, piuttosto, disfatto; soprattutto attorno agli occhi. I capelli sono scompigliati.

In generale la eleganza della postura, la misurata lentezza dei movimenti e l’atteggiamento altezzoso denotano una indiscutibile classe e autorevolezza della donna. 

La protagonista recita inizialmente con lo sguardo fisso su un punto davanti a sé, come se parlasse all’uomo con il quale ha appena consumato il rapporto. Tuttavia nel corso della performance, dopo essersi alzata dalla sedia/letto su cui è inizialmente seduta/distesa, potrà spaziare nello spazio scenico alzandosi e muovendosi a piacimento in funzione della propria sensibilità interpretativa, pur rivolgendosi sempre al suo immaginario interlocutore.

 AZIONE

 

NdA: la pronuncia di Jana è “Giàna”

 

Attacca d’emblai con tono sprezzante

 

Ed ora che fai…piangi ? Ti disperi… ? Che minuscolo essere miserabile sei. Come tremi.

Hai paura ? Forse di me ?   Beh, fai bene ad averne.  Altro che…

Perché mi sa che non hai ancora capito chi hai davanti…

Eh no ! Mi sa che non lo immagini nemmeno chi hai davanti a te.

Non lo immagini nemmeno … io chi sia.

Non immagini chi hai avuto tra le mani… Chi hai baciato… accarezzata… amato.

E dire che tu mi avevi fatto una buona impressione. Eh si… Sin dal primo momento che ti ho visto.

Si proprio dalla  prima sera in cui sei venuto a cenare nel mio ristorante… Decisi dal primo momento che ti avrei avuto. Che tu lo volessi o no.

Mi sei piaciuto da subito. Tanto. Anche per la tua intelligenza, certo… Infatti ero convinta che non mi avresti creato problemi… che al momento giusto avresti compreso.

 

Con espressione delusa

 

E invece… Eccoti lì a tremare… a piagnucolare come un bambino. Ma che uomo sei ? Stai fisso lì a guardarmi con quegli occhi terrorizzati… E dai… datti una scossa. Coraggio. Vuoi bere qualcosa ?

Cosa dici… non ti capisco. Alza un po’ la voce e parla più lentamente, dai... Fatti capire…

Ah… ecco. Dici che sei tu che hai bisogno di capire cosa sta succedendo.

Si, si… Ma ora datti una calmata.

Mettiti quella coperta addosso che inizia a fare freddo…Ecco, bravo. Così. Ed ora bevi qualcosa di forte, che ti riscaldi e ti riprendi un po’. La bottiglia è lì, sul comodino. Bravo, così… Adagio.

 

Sovrappensiero, come scavando nella memoria

 

Ricordo perfettamente la prima volta in cui mettesti piede nel mio ristorante. Era giusto un paio di mesi fa. A cena.

Ti notai che eri ancora sull’uscio. Ricordi ? Ti venni incontro e ti feci accomodare a quello che sarebbe stato il tuo posto per tutte le sere a venire. A quel tavolo che io potevo osservare, non vista, dalla mia scrivania. Da cui potevo scrutarti senza che tu te ne potessi accorgere. E non te ne sei mai accorto.

Te lo facevo trovare libero ogni sera quel posto… perché ogni sera dovevo studiarti, dovevo comprendere di che stoffa fossi fatto. Dovevo penetrare nella tua anima a rimestare nelle tue idee, nelle tue emozioni, nei tuoi desideri, nelle tue paure…

E l’ho fatto. Ogni dannata volta in cui ti sei seduto lì.

Fino a questa sera in cui ti ho portato qui a casa mia. Ed ho finalmente potuto amarti…averti…

 

Ridendo sguaiatamente

 

Certo… non ti sei fatto mica tanto pregare per accompagnarmi, eh ? 

 

Spenta la risata, riprende con espressione languida

 

Sii sincero… Ti è piaciuto tanto, eh ?

 

Quasi sussurrando

 

Certo che ti è piaciuto. Lo so… l’ho sentito… Ti ho sentito…

 

Resta qualche attimo in silenzio a guardarlo fisso, quindi riprende con durezza

 

E dal momento che ti è piaciuto… che hai ora da recriminare ? Avanti… quale è il problema ?

Come dici… ? Ah, non ti aspettavi che a un certo punto ci fosse anche lei… Non è affare che ti riguardi. Sono stata io ad invitarla a coricarsi con te. Dopo averti prima assaggiato io.  Di che ti lamenti…

 

Ammiccando maliziosamente

 

Non sarà certo la prima volta che ti capita un ménage-à-trois… Non mi sembri mica un verginello alle prime armi. Oppure mi sbaglio ? Come dici ?

Che è la prima volta che una partner ti si polverizza tra le mani ? E cosa vuoi farci… Prima o poi doveva pur capitarti di fare questa esperienza.

 

Riprendendo nuovamente con durezza

 

Cos’è che pretendi ora ? Di sapere lei chi fosse ? Di capire cosa è successo su questo letto ?

E chi ti dà il diritto di chiedere spiegazioni, piccolo essere insignificante…

Hai avuto me. Poi hai avuto lei… ed ora tiri fuori queste pretese ?

Solo perché ti è comparsa tra le braccia dal nulla e nel nulla è sparita ? Ma certamente tra quei due momenti non mi sembravi tanto dispiaciuto di stringerla, di baciarla, di accarezzarla e… si, diciamolo… di sbattertela alla grande. Mi sbaglio, forse ?.

Non negare. Io ero lì. Ad osservarvi. Ad assicurarmi che tutto andasse per il meglio. E che lei godesse di te come io avevo potuto farlo poco prima. Perché glielo dovevo. Sì che glielo dovevo.

Mentre una cosa che invece non dovevo fare era avvisarti prima. Ma quando mai…

Sono a casa mia, questo è il mio letto. E tu qui fai quel che io voglio… ti piaccia o no… che tu sia d’accordo o no,,,

Sono abbastanza chiara ?

Cosa dici ? Lei si è polverizzata tra le tue mani ? Ancora con questa storia… Lo so. L’ho visto. Ero là. Ma tu, sei proprio sicuro di voler sapere ? Io al tuo posto lascerei perdere. Dammi ascolto.

Ah…no ? Non andrai via di qui se non parlo…? Cos’è: una minaccia ?

 

Ride fragorosamente

 

Tu minacci me, piccolo uomo ? Allora hai veramente bisogno che qualcuno ti spieghi dove sei capitato e con chi stai parlando…

D’accordo; lo farò. Ti dirò chi sono.

Ma ti avverto: quando l’avrai saputo la tua vita non potrà più essere la stessa. La tua vita terrena intendo. Che già ora è mia, se non te ne sei ancora accorto. E che lo sarà sempre di più dopo che avrai saputo tutto.

Non potrai mai più essere artefice del tuo destino, sinché camminerai su questa terra. E forse anche dopo, quando camminerai dall’altra parte.

Non immagini nemmeno che cazzata hai fatto stasera pretendendo di sapere.

Ebbene, io sono una Jana.

Null’altro che una Jana. Ed ora che lo hai saputo, che mi dici ?

Sei contento ? Ti cambia la vita ?

Chi era l’altra donna che hai avuto tra le braccia ? Una Jana anche lei.

Capito ora ? Mi sa di no. Non sono per niente sicura che tu abbia realmente compreso con chi hai a che fare.

Figuriamoci avere idea di quale immenso onore sia per un mortale uomo comune avere potuto possedere il mio corpo… il corpo di una Jana del mio rango.

Eh già... Ma cosa ne puoi sapere tu di Janas. Tu che non sei nemmeno di queste parti. E dire che ti ho scelto proprio per questo: perché sei forestiero e, perciò, non conosci la storia di quelle come me e le storie che si raccontano su quelle come me. Su quelle come noi.

 

Ha uno scatto d’ira. Assume una espressione diabolica. Urla.

 

E ringrazia la tua ignoranza. Ringrazia il non sapere chi è la Donna a cui hai fatto affronto questa sera.

Perché è solo questo che mi impedirà di mettere fine ai tuoi giorni proprio qui, ora. Mi basterebbe un solo gesto e…

 

Solleva il braccio sinistro con il palmo delle mani chiuso a pugno e con l’indice inizialmente teso verso l’alto, che poi abbassa in direzione del suo interlocutore .

Rimane fissa in questa posizione per una manciata di secondi con l’espressione di chi stia sul punto di prendere una decisione.

 

Quindi abbassa lentamente l’arto e riprende a parlare con calma.

 

Tranquillo. Non ho alcuna intenzione di farti del male. Per ora.

Poi dipenderà solo da te…

Vedi… quello che non arrivi a comprendere è che il velo della conoscenza non va squarciato così..  a capriccio… quando ti pare e piace.

Tu vuoi comprendere… ed è giusto che sia così. Ma devi essere conscio che se si vuole conoscere l’ignoto, bisogna essere pronti ad accettarne le conseguenze. Quelle buone e soprattutto le cattive.

Te l’ho già detto: hai fatto una cazzata. Hai sbagliato tutto, perché questo non era proprio il momento giusto per chiedere di comprendere quel che ci vuole secoli per imparare.

Sono una Jana, dunque. Te l’ho già detto.

Hai una qualche idea di cosa voglia dire ? No…? Lo supponevo.

Vabbè: caviamoci subito questo dente.

Se lo chiedi in giro ti diranno che la Jana è una “strega”.

Eh già…  È così; ma non è così semplice.

Sempre per usare le definizioni di voi umani, bisogna dire che la Jana è in realtà anche un po’ “fata”.

Un po’ di entrambe… miscelate. Nel senso che non è sempre sensuale e malvagia come si ritiene siano le streghe; ma nemmeno un’ochetta buona come si pensa siano le fate.

Perché, ricordatelo sempre, non esiste il Male assoluto da una parte ed il Bene assoluto dall’altra. Li trovi sempre assieme. Se c’è l’uno c’è anche l’altro, inevitabilmente.

Rammenta che solo dove c’è Tenebra si può vedere la Luce; perché dove c’è Luce c’è anche Tenebra. Capito ? Spero di sì…

Noi Janas siamo creature in cui tutto è spinto all’estremo.

Siamo Donne al cento per cento: ne conosci forse tu di donne che siano completamente sante ed altre che siano esclusivamente puttane ? Credo proprio di no. Perché non esistono. Né su questa terra, né oltre.

Sono tutte quante un po’ l’una e un po’ l’altra. Hanno dentro di sé entrambe le vocazioni. Solo diversamente miscelate. In alcune prevale una tendenza alla santità, in altre quella alla trasgressione.

Le Donne più perfette controllano a piacimento le due pulsioni.

Quelle Donne siamo noi. Io e le mie sorelle. Noi Janas.

Da quando noi Janas abitiamo su questa Terra ? Da sempre.

Conosci, no ?, la storiella di Eva, la prima donna. Quella che nel giardino dell’Eden cedette alle lusinghe del serpente. Macché tentazione… fu lei a scegliere di farlo. Non cedette proprio a nulla e a nessuno. Lo volle ! Era una Jana.

Noi Janas siamo le discendenti di una razza superiore di esseri femminili che da  molto tempo governano questo Mondo. Giunte sulla Terra da altri mondi, altri paesi, altre galassie.

Era una Jana la Grande Madre della Terra.

E dopo di lei Ishtar, Osiride, Cleopatra, Giunone, Minerva e tutte le altre dee elleniche e romane che vi fanno studiare a scuola.

E Janas erano le Amazzoni e le officianti Vestali.

E le più illuminate Regine delle corti rinascimentali europee. E le scienziate del Novecento. E tante altre ancora.

In altri termini erano Janas tutte le Donne fuori dall’ordinario che hanno attraversato i secoli della Storia. Da quelle premiate con i premi Nobel a quelle venerate come sante.

E’ impossibile resistere alla nostra seduzione, fisica e spirituale, per qualsiasi uomo sulla faccia della terra.

Perché, come ti dicevo, in noi albergano contemporaneamente luce e tenebra, male e bene. Siamo buone e malvage allo stesso tempo. Sante e puttane. Siamo Donne al cento per cento.

Un tempo ci piaceva dissetarci con il sangue degli uomini che osavano profanare le nostre case. Difendevamo così la grotta in cui vivevamo.

E anche ora non abbiamo rinunciato a difendere con ogni mezzo quella che portiamo sempre con noi…

 

Pronunciate queste parole  solleva il pube, divarica le gambe ed indica oscenamente con le mani la regione pubica,  ridendo sguaiatamente

 

E tu in questa caverna ci hai passeggiato per un bel po’, non è vero ?

Se mi convincessi che l’hai profanata… dovrei proprio succhiarti il sangue, a questo punto…

 

Riprende a parlare con  calma

 

Non preoccuparti. Stai tranquillo. Credo che non lo farò. Almeno sinché continuerai a piacermi. E a servirmi; perché tu mi servirai ancora, se non l’avessi capito. Che ti piaccia a no.

Vedi… le Janas non sono tutte uguali. C’è chi è più Jana di tutte. Più potente, più dominante di tutte le altre.

Questa è per diritto la regina delle Janas: e viene chiamata in antica lingua sarda “sa Jana Maistra”. In sardo, perché i monti della Barbagia sono stati per secoli la nostra patria. Qui avevamo i nostri rifugi: le Domus de Janas.

Vuoi conoscerne una di Jana Maistra, di Regina delle Streghe ? Accomodati, apri gli occhi e guardami per bene.

E ricorda che è privilegio di pochi conoscerla.

Figurare, parlarle, toccarla, carezzarla, condividerne il letto.

A te è capitato. Eccomi. Sono qua.

Un tempo la Jana Maistra era venerata. Quando in tutta l’Europa Megalitica si praticava il culto ancestrale della Grande Madre si costruivano luoghi sacri in suo onore.

Ora invece sarai tu l’unico ad avere il privilegio di adorarmi. Ed il mio tempio sacro sarà questa stanza. Il nostro tempio. Dove io sono Maistra.

Dove possa tramandare le mie conoscenze alle Janas più giovani.

Non a tutte; solo a quelle che ne siano a loro volta degne. Perché dalla Jana di una generazione di Janas altre possano nascere. E ancora altre. E poi altre ancora. Così che nulla si interrompa, così che la nostra Scienza e la nostra Conoscenza non vadano perdute. Così che il ciclo della vita non abbia mai fine.

Stai dunque iniziando a capire chi fosse l’altra donna che ti si è materializzata tra le braccia ? E che dopo aver goduto di te si è dissolta sbriciolandosi in una nuvola di polvere davanti ai tuoi occhi ?

Era proprio lei. La mia Jana prediletta. La mia Jana figlia.

La migliore, la più intelligente, la più devota. Quella che più delle altre avrebbe potuto prendere il mio posto come Jana Maistra, quando sarebbe venuto il momento. Aveva tutte le qualità per succedermi.

Ed era bellissima. Lo hai visto anche tu, no ?

Faceva perdere la testa a qualunque uomo ne incrociasse lo sguardo.

Ed uno di questi l’ha uccisa, Perché non era riuscito ad averla.

Non era degno di poterla amare; nemmeno per una notte, per una volta sola, per un minuto. Perché di giorno si rifugiava dentro la propria tonaca; e di notte si impegnava a rivivere tutti i peccati che gli raccontavano in confessione.

 

Assorte, con tono cupo e triste

 

La mia Jana figlia non è più qui, in questo mondo mortale. Abita ormai da tempo dove tutti siamo destinati; e dove è rientrata appena terminato con te.

Non è più tra noi da tantissimo tempo, ormai.

La presero di notte. Si era appena assopita davanti a quel focolare che accendeva anche d’estate perché le facesse luce quando leggeva. Perché sapeva leggere. E amava farlo.

Ma doveva necessariamente farlo di notte. Di nascosto dagli occhi del paese. Perché a quei tempi una donna che sapesse leggere non poteva essere umana. Farsi sorprendere con gli occhi fissi su una pagina stampata era un’ammissione di stregoneria. Con tutte le conseguenze che  ne derivavano.

Lui aveva deciso di prenderla, quella notte.

Attese il calare delle tenebre, che bene lo nascondevano intabarrato nella sua veste nera. E rasentando le ultime case del paese, imboccò il viottolo che portava alla abitazione della sua vittima sacrificale di quella notte. Di mia figlia.

Quando quel lercio raccontò la storia, disse che si era avvicinato a quella casa perché gli era saltato subito all’occhio un particolare strano: dal camino usciva fumo. E si era chiesto chi mai possa tenere il fuoco acceso di notte nel mese di luglio. Dopo il tramonto  le donne oneste dormono a fianco dei loro mariti; e non accendono il fuoco nemmeno per lisciviare i panni o cucinare. Poi raccontò che giacché la finestra era aperta, vi si era accostato per guardare all’interno. E aveva visto lei che giaceva assopita stringendo tra le mani un libro.

Un libro. Che poteva mai ci farci con un libro ? Sapeva dunque leggere, la svergognata. Non poteva che essere una strega... Doveva andare a morte, in nome del Signore.

Tornato in paese, raggiunse la canonica e svegliò il sagrestano, a cui ordinò di suonare a martello le campane.

Raccolse tutti i paesani maschi che in quel momento non si trovassero supramonte col gregge. E impose alle loro donne di portare quante più fascine e ceppi di legna sulla piazza antistante il sagrato. Che quella notte il Fuoco avrebbe purificato il paese.

La presero che dormiva ancora. Le legarono le mani dietro la schiena. La condussero in piazza spingendola sulla schiena con i manici delle zappe e dei forconi. Le strapparono sul davanti la camicia e appena quei suoi splendidi seni si mostrarono nudi sul suo petto, li infilzarono con il forcone. Prima l’uno e poi l’altro. Dicono che il suo urlo di dolore attraversò il cielo sino ad essere udito a chilometri di distanza.

La sollevarono di peso e la lanciarono sulle fascine che le pie donne avevano accatastato al comando del loro amato padre spirituale.

Quando vi atterrò i rovi penetrarono la sua carne come fossero pugnali. Urlò ancora, ma meno forte di prima. E fu l’ultima volta che se ne udì la voce. Chiuse gli occhi prima che il fuoco le mordesse la pelle. Qualcuno lanciò una fiaccola accesa sulle fascine.

Dopo un quarto d’ora era tutto finito. E nel frattempo nemmeno più un grido, nemmeno più un lamento uscì dalla sua gola. Si contorceva dal dolore ma non volle concedere a quelle bestie la soddisfazione di vederla soffrire.

I suoi movimenti si fecero sempre più lenti, sinché non si fermò. Fu allora che uno dei suoi carnefici la trafisse ad una spalla con un gancio da macellaio, la tirò verso di sé e quando fu abbastanza vicina le staccò la testa con un colpo di mannaia.

Il corpo fu rimesso sul fuoco. La testa fu poggiata sulla balaustra della scalinata della chiesa, che tutti potessero vedere la fine riservata alle donne speciali. Rimase lì per alcuni giorni. Poi fu fatta rotolare con quel che restava del resto del corpo nella porcilaia dove si versavano gli scarti delle macellazioni. Di certo non nel cimitero della chiesa. Perché era andata a morte in nome del Signore.

Nemmeno io, nemmeno noi altre, nemmeno la più potente di noi può fare più nulla quando la testa viene staccata dal collo. Nulla. Nulla…

Sì. Era lei la donna che hai amato questa notte dopo di me.

Ho il potere di farla tornare dal mondo dove ora abita e l’ho fatto. Glielo dovevo.

Le ho concesso di tornare perché potesse riprovare queste sensazioni terrene, perché riassaporasse l’ebbrezza dell’abbraccio e delle carezze di un uomo.

Cosa credi, che i desideri finiscano quando si va dall’altra parte ? Cosa credi che si vada lì e ci si rassegni ?

 

Con tono sarcastico

 

Oppure pensi che si arrivi lì… si saluta chi ci si trova davanti... magari si fa anche un bell’inchino… E poi… buonasera, carissimi. Sono appena arrivata. Sapete, mi hanno appena decapitata e bruciata. Ero bellissima, adorata da uomini e donne. Sprizzavo gioia e desiderio da tutti i pori. Amavo la vita e mi piaceva fare l’amore. Aiutavo la gente a guarire dal dolore e avrei voluto farlo per chissà quanto tempo ancora; ma è andata così. Ora sono qua. Datemi una stanza che mi sistemo.

 

Urlando adirata

 

Credi che vada così, piccolo maschio idiota ?

E hai la minima idea di cosa voglia dire essere mandati da quell’altra parte per ignoranza, per odio, per superstizione ?

Essere violentate, bruciate, impiccate, lapidate, decapitate, fatte a pezzi… Quante sorelle di Sabba, quante Giovanna d’Arco, quante suffragette, quante giovani mediorientali sono state e sono ancora il macabro trofeo degli uomini di Dio… Vermi rigonfi solo dei loro solidi principi morali ?

E mica capita solo a noi donne speciali. Ma anche ai pochi uomini che si avvicinano alla Conoscenza.

Ricorda bene: che fine fecero fare a Giordano Bruno e a tanti altri ?

La stessa che hanno sempre regalato a noi.

Il Fuoco ! Il Fuoco ! Il Fuoco !

 

Calmatasi, riprende con tono grave, cupo

 

Lei non si è mai rassegnata. Da quell’altra parte non è felice. Soffre, non si capacita

Ancora oggi si sente derubata della più universale delle opportunità: quella di vivere.

Le manca godere di un buon piatto, stordirsi di un buon vino, ammaliarsi di fronte ad un tramonto, sognare leggendo un libro… E provare ancora l’ebbrezza di un bacio, di una carezza, perché no…

Ecco. Ora hai capito perché in quel momento lei era qui.

Perché almeno per qualche minuto potesse nuovamente sentirsi una donna vera,  Fatta di materia e non di Luce.

Solo io, solo la sua Jana Maistra, ho il potere di concederle qualche barlume della vita che le strapparono. E sia maledetto in eternità chi lo fece.

Ora è tornata nel suo mondo attuale. Ma posso farla tornare, se occorre.

Anzi, per me questa storia non è finita qui… Ed anche per lei. Quanto è successo questa notte accadrà ancora. Che tu lo voglia o no.

In realtà mi piacerebbe che fossi tu a decidere quale sarà il tuo destino.

Scegliere: c’è forse dono più prezioso che possa accordarti per quanto hai fatto questa notte per me ? Anzi: per noi.

Su, coraggio. Prova a riscattare l’ignavia dell’intero genere maschile scegliendo tu cosa fare d’ora in poi. Non con me; o con noi. Ma soprattutto di te stesso.

Ascoltami attentamente. Ti offro due sole possibilità.

La prima è che tu esca da questa casa.

Torni a casa tua. Ti fai un bagno caldo… magari anche qualche ora di sonno… E poi quanto, ti sarai svegliato, di quanto hai vissuto questa notte non ti rimarrà nemmeno il ricordo. Ma, attento: non mi rivedrai più. Mai più. Per sempre.

Oppure…puoi scegliere di restare qui con me. Anzi con noi…

Per tutta la vita a venire. E ogni notte sarà come questa appena trascorsa.

E soprattutto potrai abbeverarti alla mia Sapienza, negata da secoli a chi non riconosca la nostra essenza divina.

Ora sta a te decidere. E fallo in fretta.

Tu non sai ancora quel che farai. Ma io si. Lo so.

Non posso non conoscere il mio futuro. Perché il Fato mi è servo, non padrone. E quindi conosco anche il tuo. Non posso non conoscerlo.

Perché…

 

…pausa intensamente espressiva… poi con enfasi

 

Deu… Seu… Jana Maistra.


 

FINE

 

 

 


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