Genere: drammatico - esoterico - storico.
Personaggi: 1.
Struttura: monologo.
- 23 giugno 2017 a Ruvo di Puglia (BA) nel corso dell’evento “La Notte delle Streghe” - (descrizione dell'evento al link: https://www.facebook.com/share/p/QD5jehDWU8weKemi/).
NdA: la
pronuncia di Jana è “Giàna”
Attacca d’emblai con tono sprezzante
Ed
ora che fai…piangi ? Ti disperi… ? Che minuscolo essere miserabile sei. Come
tremi.
Hai
paura ? Forse di me ? Beh, fai bene ad
averne. Altro che…
Perché
mi sa che non hai ancora capito chi hai davanti…
Eh
no ! Mi sa che non lo immagini nemmeno chi hai davanti a te.
Non
lo immagini nemmeno … io chi sia.
Non
immagini chi hai avuto tra le mani… Chi hai baciato… accarezzata… amato.
E
dire che tu mi avevi fatto una buona impressione. Eh si… Sin dal primo momento
che ti ho visto.
Si
proprio dalla prima sera in cui sei venuto
a cenare nel mio ristorante… Decisi dal primo momento che ti avrei avuto. Che
tu lo volessi o no.
Mi
sei piaciuto da subito. Tanto. Anche per la tua intelligenza, certo… Infatti
ero convinta che non mi avresti creato problemi… che al momento giusto avresti
compreso.
Con espressione delusa
E
invece… Eccoti lì a tremare… a piagnucolare come un bambino. Ma che uomo sei ? Stai
fisso lì a guardarmi con quegli occhi terrorizzati… E dai… datti una scossa.
Coraggio. Vuoi bere qualcosa ?
Cosa
dici… non ti capisco. Alza un po’ la voce e parla più lentamente, dai... Fatti
capire…
Ah…
ecco. Dici che sei tu che hai bisogno di capire cosa sta succedendo.
Si,
si… Ma ora datti una calmata.
Mettiti
quella coperta addosso che inizia a fare freddo…Ecco, bravo. Così. Ed ora bevi
qualcosa di forte, che ti riscaldi e ti riprendi un po’. La bottiglia è lì, sul
comodino. Bravo, così… Adagio.
Sovrappensiero, come scavando nella memoria
Ricordo
perfettamente la prima volta in cui mettesti piede nel mio ristorante. Era
giusto un paio di mesi fa. A cena.
Ti
notai che eri ancora sull’uscio. Ricordi ? Ti venni incontro e ti feci
accomodare a quello che sarebbe stato il tuo posto per tutte le sere a venire. A
quel tavolo che io potevo osservare, non vista, dalla mia scrivania. Da cui
potevo scrutarti senza che tu te ne potessi accorgere. E non te ne sei mai
accorto.
Te
lo facevo trovare libero ogni sera quel posto… perché ogni sera dovevo
studiarti, dovevo comprendere di che stoffa fossi fatto. Dovevo penetrare nella
tua anima a rimestare nelle tue idee, nelle tue emozioni, nei tuoi desideri,
nelle tue paure…
E
l’ho fatto. Ogni dannata volta in cui ti sei seduto lì.
Fino
a questa sera in cui ti ho portato qui a casa mia. Ed ho finalmente potuto
amarti…averti…
Ridendo sguaiatamente
Certo…
non ti sei fatto mica tanto pregare per accompagnarmi, eh ?
Spenta la risata, riprende con espressione languida
Sii
sincero… Ti è piaciuto tanto, eh ?
Quasi sussurrando
Certo
che ti è piaciuto. Lo so… l’ho sentito… Ti ho sentito…
Resta qualche attimo in silenzio a guardarlo fisso, quindi
riprende con durezza
E
dal momento che ti è piaciuto… che hai ora da recriminare ? Avanti… quale è il
problema ?
Come
dici… ? Ah, non ti aspettavi che a un certo punto ci fosse anche lei… Non è
affare che ti riguardi. Sono stata io ad invitarla a coricarsi con te. Dopo
averti prima assaggiato io. Di che ti
lamenti…
Ammiccando maliziosamente
Non
sarà certo la prima volta che ti capita un ménage-à-trois… Non mi sembri mica
un verginello alle prime armi. Oppure mi sbaglio ? Come dici ?
Che
è la prima volta che una partner ti si polverizza tra le mani ? E cosa vuoi
farci… Prima o poi doveva pur capitarti di fare questa esperienza.
Riprendendo nuovamente con durezza
Cos’è che pretendi ora ?
Di sapere lei chi fosse ? Di capire cosa è successo su questo letto ?
E chi ti dà il diritto
di chiedere spiegazioni, piccolo essere insignificante…
Hai avuto me. Poi hai
avuto lei… ed ora tiri fuori queste pretese ?
Solo perché ti è
comparsa tra le braccia dal nulla e nel nulla è sparita ? Ma certamente tra
quei due momenti non mi sembravi tanto dispiaciuto di stringerla, di baciarla,
di accarezzarla e… si, diciamolo… di sbattertela alla grande. Mi sbaglio, forse
?.
Non negare. Io ero lì.
Ad osservarvi. Ad assicurarmi che tutto andasse per il meglio. E che lei
godesse di te come io avevo potuto farlo poco prima. Perché glielo dovevo. Sì
che glielo dovevo.
Mentre una cosa che invece
non dovevo fare era avvisarti prima. Ma quando mai…
Sono a casa mia, questo
è il mio letto. E tu qui fai quel che io voglio… ti piaccia o no… che tu sia
d’accordo o no,,,
Sono abbastanza chiara
?
Cosa dici ? Lei si è
polverizzata tra le tue mani ? Ancora con questa storia… Lo so. L’ho visto. Ero
là. Ma tu, sei proprio sicuro di voler sapere ? Io al tuo posto lascerei
perdere. Dammi ascolto.
Ah…no
? Non andrai via di qui se non parlo…? Cos’è: una minaccia ?
Ride fragorosamente
Tu
minacci me, piccolo uomo ? Allora hai veramente bisogno che qualcuno ti spieghi
dove sei capitato e con chi stai parlando…
D’accordo;
lo farò. Ti dirò chi sono.
Ma ti avverto: quando l’avrai saputo
la tua vita non potrà più essere la stessa. La tua vita terrena intendo. Che
già ora è mia, se non te ne sei ancora accorto. E che lo sarà sempre di più
dopo che avrai saputo tutto.
Non potrai mai più essere artefice
del tuo destino, sinché camminerai su questa terra. E forse anche dopo, quando
camminerai dall’altra parte.
Non immagini nemmeno che cazzata hai
fatto stasera pretendendo di sapere.
Ebbene,
io sono una Jana.
Null’altro
che una Jana. Ed ora che lo hai saputo, che mi dici ?
Sei
contento ? Ti cambia la vita ?
Chi
era l’altra donna che hai avuto tra le braccia ? Una Jana anche lei.
Capito
ora ? Mi sa di no. Non sono per niente sicura che tu abbia realmente compreso
con chi hai a che fare.
Figuriamoci
avere idea di quale immenso onore sia per un mortale uomo comune avere potuto possedere
il mio corpo… il corpo di una Jana del mio rango.
Eh
già... Ma cosa ne puoi sapere tu di Janas. Tu che non sei nemmeno di queste
parti. E dire che ti ho scelto proprio per questo: perché sei forestiero e,
perciò, non conosci la storia di quelle come me e le storie che si raccontano
su quelle come me. Su quelle come noi.
Ha uno scatto d’ira. Assume una espressione
diabolica. Urla.
E
ringrazia la tua ignoranza. Ringrazia il non sapere chi è la Donna a cui hai
fatto affronto questa sera.
Perché
è solo questo che mi impedirà di mettere fine ai tuoi giorni proprio qui, ora.
Mi basterebbe un solo gesto e…
Solleva il
braccio sinistro con il palmo delle mani chiuso a pugno e con l’indice inizialmente
teso verso l’alto, che poi abbassa in direzione del suo interlocutore .
Rimane
fissa in questa posizione per una manciata di secondi con l’espressione di chi
stia sul punto di prendere una decisione.
Quindi
abbassa lentamente l’arto e riprende a parlare con calma.
Tranquillo.
Non ho alcuna intenzione di farti del male. Per ora.
Poi
dipenderà solo da te…
Vedi…
quello che non arrivi a comprendere è che il velo della conoscenza non va
squarciato così.. a capriccio… quando ti
pare e piace.
Tu
vuoi comprendere… ed è giusto che sia così. Ma devi essere conscio che se si
vuole conoscere l’ignoto, bisogna essere pronti ad accettarne le conseguenze.
Quelle buone e soprattutto le cattive.
Te
l’ho già detto: hai fatto una cazzata. Hai sbagliato tutto, perché questo non
era proprio il momento giusto per chiedere di comprendere quel che ci vuole
secoli per imparare.
Sono una Jana, dunque. Te l’ho già detto.
Hai una qualche idea di cosa voglia dire ? No…? Lo
supponevo.
Vabbè: caviamoci subito questo dente.
Se lo chiedi in giro ti diranno che la Jana è una “strega”.
Eh già… È così; ma non
è così semplice.
Sempre per usare le definizioni di voi umani, bisogna dire che
la
Jana è in realtà anche un po’ “fata”.
Un po’ di
entrambe… miscelate. Nel senso che non è sempre sensuale e malvagia come si
ritiene siano le streghe; ma nemmeno un’ochetta buona come si pensa siano le
fate.
Perché,
ricordatelo sempre, non esiste il Male assoluto da una parte ed il Bene
assoluto dall’altra. Li trovi sempre assieme. Se c’è l’uno c’è anche l’altro,
inevitabilmente.
Rammenta che solo
dove c’è Tenebra si può vedere la Luce; perché dove c’è Luce c’è anche Tenebra.
Capito ? Spero di sì…
Noi Janas siamo
creature in cui tutto è spinto all’estremo.
Siamo Donne al
cento per cento: ne conosci forse tu di donne che siano completamente sante ed
altre che siano esclusivamente puttane ? Credo proprio di no. Perché non
esistono. Né su questa terra, né oltre.
Sono tutte
quante un po’ l’una e un po’ l’altra. Hanno dentro di sé entrambe le vocazioni.
Solo diversamente miscelate. In alcune prevale una tendenza alla santità, in
altre quella alla trasgressione.
Le Donne più
perfette controllano a piacimento le due pulsioni.
Quelle Donne siamo
noi. Io e le mie sorelle. Noi Janas.
Da quando noi
Janas abitiamo su questa Terra ? Da sempre.
Conosci, no ?,
la storiella di Eva, la prima donna. Quella che nel giardino dell’Eden cedette
alle lusinghe del serpente. Macché tentazione… fu lei a scegliere di farlo. Non
cedette proprio a nulla e a nessuno. Lo volle ! Era una Jana.
Noi
Janas siamo le discendenti di una razza superiore di esseri femminili che
da molto tempo governano questo Mondo. Giunte
sulla Terra da altri mondi, altri paesi, altre galassie.
Era
una Jana la Grande Madre della Terra.
E
dopo di lei Ishtar, Osiride, Cleopatra, Giunone, Minerva e tutte le altre dee
elleniche e romane che vi fanno studiare a scuola.
E
Janas erano le Amazzoni e le officianti Vestali.
E
le più illuminate Regine delle corti rinascimentali europee. E le scienziate
del Novecento. E tante altre ancora.
In
altri termini erano Janas tutte le Donne fuori dall’ordinario che hanno
attraversato i secoli della Storia. Da quelle premiate con i premi Nobel a quelle
venerate come sante.
E’
impossibile resistere alla nostra seduzione, fisica e spirituale, per qualsiasi
uomo sulla faccia della terra.
Perché,
come ti dicevo, in noi albergano contemporaneamente luce e tenebra, male e
bene. Siamo buone e malvage allo stesso tempo. Sante e puttane. Siamo Donne al
cento per cento.
Un
tempo ci piaceva dissetarci con il sangue degli uomini che osavano profanare le
nostre case. Difendevamo così la grotta in cui vivevamo.
E
anche ora non abbiamo rinunciato a difendere con ogni mezzo quella che portiamo
sempre con noi…
Pronunciate
queste parole solleva il pube, divarica le
gambe ed indica oscenamente con le mani la regione pubica, ridendo sguaiatamente
E
tu in questa caverna ci hai passeggiato per un bel po’, non è vero ?
Se
mi convincessi che l’hai profanata… dovrei proprio succhiarti il sangue, a
questo punto…
Riprende a parlare con calma
Non
preoccuparti. Stai tranquillo. Credo che non lo farò. Almeno sinché continuerai
a piacermi. E a servirmi; perché tu mi servirai ancora, se non l’avessi capito.
Che ti piaccia a no.
Vedi…
le Janas non sono tutte uguali. C’è chi è più Jana di tutte. Più potente, più
dominante di tutte le altre.
Questa
è per diritto la regina delle Janas: e viene chiamata in antica lingua sarda “sa
Jana Maistra”. In sardo, perché i monti della Barbagia sono stati per secoli la
nostra patria. Qui avevamo i nostri rifugi: le Domus de Janas.
Vuoi
conoscerne una di Jana Maistra, di Regina delle Streghe ? Accomodati, apri gli
occhi e guardami per bene.
E
ricorda che è privilegio di pochi conoscerla.
Figurare,
parlarle, toccarla, carezzarla, condividerne il letto.
A
te è capitato. Eccomi. Sono qua.
Un tempo la Jana Maistra era
venerata. Quando in tutta l’Europa Megalitica si praticava il culto ancestrale
della Grande Madre si costruivano luoghi sacri in suo onore.
Ora invece sarai tu l’unico ad avere
il privilegio di adorarmi. Ed il mio tempio sacro sarà questa stanza. Il nostro
tempio. Dove io sono Maistra.
Dove possa tramandare le mie conoscenze
alle Janas più giovani.
Non a tutte; solo a quelle che ne siano
a loro volta degne. Perché dalla Jana di una generazione di Janas altre possano
nascere. E ancora altre. E poi altre ancora. Così che nulla si interrompa, così
che la nostra Scienza e la nostra Conoscenza non vadano perdute. Così che il
ciclo della vita non abbia mai fine.
Stai dunque iniziando a capire chi
fosse l’altra donna che ti si è materializzata tra le braccia ? E che dopo aver
goduto di te si è dissolta sbriciolandosi in una nuvola di polvere davanti ai
tuoi occhi ?
Era proprio lei. La mia Jana
prediletta. La mia Jana figlia.
La migliore, la più intelligente, la
più devota. Quella che più delle altre avrebbe potuto prendere il mio posto
come Jana Maistra, quando sarebbe venuto il momento. Aveva tutte le qualità per
succedermi.
Ed era bellissima. Lo hai visto
anche tu, no ?
Faceva perdere la testa a qualunque
uomo ne incrociasse lo sguardo.
Ed uno di questi l’ha uccisa, Perché
non era riuscito ad averla.
Non era degno di poterla amare;
nemmeno per una notte, per una volta sola, per un minuto. Perché di giorno si rifugiava
dentro la propria tonaca; e di notte si impegnava a rivivere tutti i peccati
che gli raccontavano in confessione.
Assorte, con tono cupo e triste
La mia Jana figlia non è più qui, in
questo mondo mortale. Abita ormai da tempo dove tutti siamo destinati; e dove è
rientrata appena terminato con te.
Non è più
tra noi da tantissimo tempo, ormai.
La presero
di notte. Si era appena assopita davanti a quel focolare che accendeva anche
d’estate perché le facesse luce quando leggeva. Perché sapeva leggere. E amava
farlo.
Ma doveva
necessariamente farlo di notte. Di nascosto dagli occhi del paese. Perché a
quei tempi una donna che sapesse leggere non poteva essere umana. Farsi
sorprendere con gli occhi fissi su una pagina stampata era un’ammissione di
stregoneria. Con tutte le conseguenze che ne derivavano.
Lui aveva
deciso di prenderla, quella notte.
Attese il
calare delle tenebre, che bene lo nascondevano intabarrato nella sua veste
nera. E rasentando le ultime case del paese, imboccò il viottolo che portava
alla abitazione della sua vittima sacrificale di quella notte. Di mia figlia.
Quando quel lercio raccontò la
storia, disse che si era avvicinato a quella casa perché gli era saltato subito
all’occhio un particolare strano: dal camino usciva fumo. E si era chiesto chi mai
possa tenere il fuoco acceso di notte nel mese di luglio. Dopo il tramonto le donne oneste dormono a fianco dei loro
mariti; e non accendono il fuoco nemmeno per lisciviare i panni o cucinare. Poi
raccontò che giacché la finestra era aperta, vi si era accostato per guardare
all’interno. E aveva visto lei che giaceva assopita stringendo tra le mani un
libro.
Un libro. Che poteva mai ci farci con
un libro ? Sapeva dunque leggere, la svergognata. Non poteva che essere una
strega... Doveva andare a morte, in nome del Signore.
Tornato in paese, raggiunse la
canonica e svegliò il sagrestano, a cui ordinò di suonare a martello le
campane.
Raccolse tutti i paesani maschi che
in quel momento non si trovassero supramonte col gregge. E impose alle loro
donne di portare quante più fascine e ceppi di legna sulla piazza antistante il
sagrato. Che quella notte il Fuoco avrebbe purificato il paese.
La presero che dormiva ancora. Le
legarono le mani dietro la schiena. La condussero in piazza spingendola sulla
schiena con i manici delle zappe e dei forconi. Le strapparono sul davanti la
camicia e appena quei suoi splendidi seni si mostrarono nudi sul suo petto, li
infilzarono con il forcone. Prima l’uno e poi l’altro. Dicono che il suo urlo
di dolore attraversò il cielo sino ad essere udito a chilometri di distanza.
La sollevarono di peso e la
lanciarono sulle fascine che le pie donne avevano accatastato al comando del
loro amato padre spirituale.
Quando vi atterrò i rovi penetrarono
la sua carne come fossero pugnali. Urlò ancora, ma meno forte di prima. E fu
l’ultima volta che se ne udì la voce. Chiuse gli occhi prima che il fuoco le
mordesse la pelle. Qualcuno lanciò una fiaccola accesa sulle fascine.
Dopo un quarto d’ora era tutto
finito. E nel frattempo nemmeno più un grido, nemmeno più un lamento uscì dalla
sua gola. Si contorceva dal dolore ma non volle concedere a quelle bestie la
soddisfazione di vederla soffrire.
I suoi movimenti si fecero sempre
più lenti, sinché non si fermò. Fu allora che uno dei suoi carnefici la
trafisse ad una spalla con un gancio da macellaio, la tirò verso di sé e quando
fu abbastanza vicina le staccò la testa con un colpo di mannaia.
Il corpo fu rimesso sul fuoco. La
testa fu poggiata sulla balaustra della scalinata della chiesa, che tutti
potessero vedere la fine riservata alle donne speciali. Rimase lì per alcuni
giorni. Poi fu fatta rotolare con quel che restava del resto del corpo nella
porcilaia dove si versavano gli scarti delle macellazioni. Di certo non nel
cimitero della chiesa. Perché era andata a morte in nome del Signore.
Nemmeno io, nemmeno noi altre,
nemmeno la più potente di noi può fare più nulla quando la testa viene staccata
dal collo. Nulla. Nulla…
Sì. Era lei la donna che hai amato
questa notte dopo di me.
Ho il potere di farla tornare dal
mondo dove ora abita e l’ho fatto. Glielo dovevo.
Le ho concesso di tornare perché
potesse riprovare queste sensazioni terrene, perché riassaporasse l’ebbrezza
dell’abbraccio e delle carezze di un uomo.
Cosa credi, che i desideri finiscano
quando si va dall’altra parte ? Cosa credi che si vada lì e ci si rassegni ?
Con tono sarcastico
Oppure pensi che si arrivi lì… si
saluta chi ci si trova davanti... magari si fa anche un bell’inchino… E poi… buonasera,
carissimi. Sono appena arrivata. Sapete, mi hanno appena decapitata e bruciata.
Ero bellissima, adorata da uomini e donne. Sprizzavo gioia e desiderio da tutti
i pori. Amavo la vita e mi piaceva fare l’amore. Aiutavo la gente a guarire dal
dolore e avrei voluto farlo per chissà quanto tempo ancora; ma è andata così.
Ora sono qua. Datemi una stanza che mi sistemo.
Urlando adirata
Credi che vada così, piccolo maschio
idiota ?
E hai la minima idea di cosa voglia
dire essere mandati da quell’altra parte per ignoranza, per odio, per
superstizione ?
Essere violentate, bruciate,
impiccate, lapidate, decapitate, fatte a pezzi… Quante sorelle di Sabba, quante
Giovanna d’Arco, quante suffragette, quante giovani mediorientali sono state e
sono ancora il macabro trofeo degli uomini di Dio… Vermi rigonfi solo dei loro
solidi principi morali ?
E mica capita solo a noi donne
speciali. Ma anche ai pochi uomini che si avvicinano alla Conoscenza.
Ricorda bene: che fine fecero fare a
Giordano Bruno e a tanti altri ?
La stessa che hanno sempre regalato
a noi.
Il Fuoco ! Il Fuoco ! Il Fuoco !
Calmatasi, riprende con tono grave,
cupo
Lei non si è mai rassegnata. Da
quell’altra parte non è felice. Soffre, non si capacita
Ancora oggi si sente derubata della
più universale delle opportunità: quella di vivere.
Le manca godere di un buon piatto,
stordirsi di un buon vino, ammaliarsi di fronte ad un tramonto, sognare
leggendo un libro… E provare ancora l’ebbrezza di un bacio, di una carezza,
perché no…
Ecco. Ora hai capito perché in quel
momento lei era qui.
Perché almeno per qualche minuto potesse
nuovamente sentirsi una donna vera, Fatta
di materia e non di Luce.
Solo io, solo la sua Jana Maistra, ho
il potere di concederle qualche barlume della vita che le strapparono. E sia
maledetto in eternità chi lo fece.
Ora è tornata nel suo mondo attuale.
Ma posso farla tornare, se occorre.
Anzi, per me questa storia non è
finita qui… Ed anche per lei. Quanto è successo questa notte accadrà ancora. Che
tu lo voglia o no.
In
realtà mi piacerebbe che fossi tu a decidere quale sarà il tuo destino.
Scegliere:
c’è forse dono più prezioso che possa accordarti per quanto hai fatto questa
notte per me ? Anzi: per noi.
Su,
coraggio. Prova a riscattare l’ignavia dell’intero genere maschile scegliendo
tu cosa fare d’ora in poi. Non con me; o con noi. Ma soprattutto di te stesso.
Ascoltami
attentamente. Ti offro due sole possibilità.
La
prima è che tu esca da questa casa.
Torni
a casa tua. Ti fai un bagno caldo… magari anche qualche ora di sonno… E poi
quanto, ti sarai svegliato, di quanto hai vissuto questa notte non ti rimarrà
nemmeno il ricordo. Ma, attento: non mi rivedrai più. Mai più. Per sempre.
Oppure…puoi
scegliere di restare qui con me. Anzi con noi…
Per
tutta la vita a venire. E ogni notte sarà come questa appena trascorsa.
E
soprattutto potrai abbeverarti alla mia Sapienza, negata da secoli a chi non
riconosca la nostra essenza divina.
Ora
sta a te decidere. E fallo in fretta.
Tu
non sai ancora quel che farai. Ma io si. Lo so.
Non
posso non conoscere il mio futuro. Perché il Fato mi è servo, non padrone. E quindi
conosco anche il tuo. Non posso non conoscerlo.
Perché…
…pausa intensamente espressiva… poi
con enfasi
Deu…
Seu… Jana Maistra.
Nessun commento:
Posta un commento