TITOLO
È decisamente onomatopeico.
"Amò" è la allocuzione affettiva che più si ascolta evacuare dalle labbra delle generazioni attuali; e non mi riferisco solo ai più giovani. Ha inesorabilmente sostituito il "cioè" adolescenziale di un paio di generazioni addietro. E persino i lemmi "solidale" e "resilienza", infilati in ogni discorso da sedicenti pseudointellettuali e da casalinghe teledipendenti.
"Dimà" è invece la contrazione fonetica (anzi foniatrica) della frase conseguente: "di mamma". È una conseguente estensione al linguaggio parlato della irreversibile consuetudine alla grafologia whatsapp: quella per cui ogni " perchè " deve obbligatoriamente diventare un criptico " xk' ".
Va precisato che l'impiego della frase "...amò dimà..." (quindi "Amore di mamma") è ormai prerogativa anche di nonne, zie, cugine, amichedelcuore e affini della reale madre. E che è estensibile anche a cani, gatti, criceti, pappagalli ed altre specie viventi.
Gli "(altri imprevisti)" non vanno spiegati; ma letti ed ascoltati.
SINOSSI
Una mamma (non decisamente attempata, ma sicuramente non giovane) porta al parco la figlioletta di tre mesi nella sua carrozzella.
Si accomoda su una panchina e, discorrendo con una donna a sua volta seduta sulla panchina di fronte, imbastisce un monologo incentrato sulla sua vita.
Il suo racconto verrà frequentemente interrotto dall’arrivo di telefonate, che la richiamano ad una realtà grottesca. Della quale si intende pertanto fornire una rappresentazione satirica.
Il testo è condotto sul filo della ironia (a tratti amara) e della satira sociale.
Con un finale volutamente surreale, da Teatro dell’Assurdo, inserito a stigmatizzare quella assoluta distonia vigente tra realtà effettiva e realtà virtuale che ormai caratterizza i rapporti interpersonali ad ogni livello.
Si accomoda su una panchina e, discorrendo con una donna a sua volta seduta sulla panchina di fronte, imbastisce un monologo incentrato sulla sua vita.
Il suo racconto verrà frequentemente interrotto dall’arrivo di telefonate, che la richiamano ad una realtà grottesca. Della quale si intende pertanto fornire una rappresentazione satirica.
Il testo è condotto sul filo della ironia (a tratti amara) e della satira sociale.
Con un finale volutamente surreale, da Teatro dell’Assurdo, inserito a stigmatizzare quella assoluta distonia vigente tra realtà effettiva e realtà virtuale che ormai caratterizza i rapporti interpersonali ad ogni livello.
IL PERSONAGGIO
La protagonista è una donna adulta, che manifesta tutte le stigmate più caratterizzanti dell’età.
Per quanto sufficientemente disincantata dalle vicende occorse nella
sua vita, è in realtà assai più ingenua di quanto il suo aspetto maturo ed ammaliante
lascerebbe presumere; comunque dotata di una cultura letteraria che tende ad
esternare mai per autoreferenzialità, ma piuttosto per confortare se stessa con
un pizzico di autostima. E che comunque le consente di assumere un
atteggiamento disincantato e sarcastico nei confronti della realtà che la
circonda.
Ha vissuto, subendone le conseguenze, le proprie
esperienze di vita con un candore del tutto inadeguato a difenderla dalle
insidie e dalle cattiverie che l’hanno sempre colpita. A cominciare dalla
indifferenza della famiglia di origine, sino al bullismo delle amiche; così
come il dovere pagare dazio della propria bellezza ad un universo maschile
gretto ed egoista, risultando a quest’ultimo esclusivamente e null’altro che un
oggetto di desiderio erotico.
Ciò nonostante, non lesina di approcciarsi a chi
incontra con disponibilità e rispetto, indifferentemente dalla qualità e dalle
intenzioni dei suoi interlocutori.
La recente maternità potrebbe finalmente donarle una
dignità umana e di donna mai sperimentata prima. Ma non è detto che vada
proprio così.
TESTO
Non viene momentaneamente reso disponibile su questa pagina, in quanto in via di prossima rappresentazione.
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