lunedì 28 febbraio 2022

Gli scaffali dell’Ippocampo

 


 

Di paure ne ho tante. Come tutti, del resto.

Ma ce n’è una, in particolare, che mi assilla da un po’ di tempo. È quella di perdere la memoria, di ritrovarmi i ricordi di una vita irrimediabilmente resettati. E quindi di non poterli più rievocare, così da rendersi vano tutto quanto vissuto, provato, percepito, scritto, ascoltato, detto, pensato, espresso e così via nel corso di una intera esistenza. La mia.

Immagino che se quanto pavento accadesse davvero, evidentemente non me ne renderei nemmeno conto. Il “danno” non costituirebbe, quindi, per me una gran sofferenza. A suo modo sarebbe una sorta di rinascita, dal momento che, non ricordando nulla del mio passato, non avvertirei nemmeno la necessità fisiologica di avvalermi delle pregresse esperienze per andare avanti. Sarebbe come venire al mondo un’altra volta, pronto a viverne esperienze inedita; seppure per un periodo ovviamente molto più breve.

Sarebbe una esperienza a suo modo persino divertente.

Tuttavia, quel furto di ricordi priverebbe chi mi vivesse attorno di tutto un  patrimonio di episodi, vicende, storie, considerazioni, pensieri, cronache di scoramenti, sconfitte e trionfi, sogni, progetti e quant’altro. Tutta roba che, come le rughe, ci ho messo una vita ad imprimere sulla mia pelle di fuori e di dentro. E che sarebbe davvero una disdetta andassero in fumo irrimediabilmente.

Certo, a chi legge potrebbe apparire piuttosto presuntuoso ritenere da parte mia che il mio vissuto possa essere persino importanti per gli altri. Ebbene, sì: ho questa presunzione.

Ed anche se avessi certezza che le mie vicende lasciassero tutti, ma proprio tutti, indifferenti lo sforzo di salvarle varrebbe comunque l’impresa di metterle nero su bianco.

Raccontandole alla stessa maniera di come mi è capitato di fare durante certi dopo cena trascorsi a discorrere con un bicchiere tra le mani. Ed affidandole, perché non se ne perda memoria, all’etere dei social.

Magari su questo stesso blog. Senza con ciò propormi alcun fine particolare, né pedagogico e nemmeno accademico; ma semplicemente didascalico. Un po’ come si appuntano le annotazioni negli spazi bianchi a fianco di un testo, per fissare pensieri e riflessioni.

Ecco, si tratta esattamente di questo: ripassare a penna quelle annotazioni già vergate a matita sulle pagine del libro della mia vita. Prima che sbiadiscano irrimediabilmente, rendendosi illeggibili.

Chiamerò questa raccolta di ricordi “Gli scaffali dell’Ippocampo”.

L'ippocampo è, difatti, un organello con la curiosa forma di un cavalluccio marino situato nella profondità del cervello, che svolge un ruolo fondamentale nel raccogliere e sistemare in memoria le informazioni che ci giungono. L’archivio della nostra mente.

È dunque lì, rovistando tra i suoi scaffali, che attingerò per recuperare i ricordi di quanto mi è occorso durante la mia esistenza. Mi toccherà solo soffiarci sopra per allontanare, da quelle storie, gli strati di polvere che vi si sono accumulati sopra. Dopo di che, mi basterà allestire una confezione il più possibile gradevole e depositarle qui, in questo blog, dove potranno essere lette e criticate.

Mia consueta, irrinunciabile, inevitabile, invincibile, incostanza permettendo.

Da chiunque vorrà farlo. Io compreso.


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