giovedì 17 febbraio 2022

Il bancone tipografico per culla


 







Era metà novembre del 1958. Avevo una decina di giorni, più o meno.

Mia madre era impiegata in una storica tipografia barese e, dovendo riprendere il suo lavoro, per continuare ad allattarmi prese a portarmi con sé.

Per cui mi ritrovai come culla un bancone tipografico, come ninnoli i caratteri in piombo con cui si componevano le parole dei manifesti e come cuscini cumuli di risme di carta da stampa.

Respiravo più vapori di inchiostro e piombo che polvere di talco; il che avrà decisamente influito su certe attitudini che mi porto dietro ancor oggi.

Ebbene, quel bancone che mi fece da culla c'è ancora: l'ho visto stamattina. Con tutti i suoi cassetti, alcuni dei quali contengono ancora pubblicazioni dell'epoca e spezzoni di filo di canapa con cui si rilegavano i volumi. Con il suo pianale di marmo, la cui durezza veniva un po' addolcita con chissà quante copertine di lana su cui adagiare il mio corpicino.

E' ancora lì, oltre sessantatré anni dopo che mi fece da lettino.

Sfiorarlo, questa volta con le dita e non più con la schiena, mi ha intriso l'anima di emozioni difficili da raccontare.

Ciascuno di noi è un tassello di Storia. Di se stesso, della propria famiglia, della società e del tempo in cui è giunto alla Luce.

E tale è destino che continui ad essere.


FINE

© LERARIO Cosimo, 2022


Il bancone tipografico, così come numerosi macchinari, strumentazioni ed arredi dell'epoca è ancora nella Nuova Tipolitografia Resta a Bari.

 

Nessun commento:

Posta un commento