Uomini, donne e bambini giustiziati scaraventandoli in fossi profondi decine e decine di metri. Lanciati vivi.
Condannati a morire schiantandosi sui corpi dei propri genitori, germani, figli, amici.
Impossibile escogitare qualcosa di più crudele e atroce.
Eppure è successo realmente. Perché così, appena terminata la seconda guerra mondiale, i titini jugoslavi eliminarono decine di migliaia di italiani.
Come raccontarlo ? Come tentare di estrarre un minimo barlume di Poesia da una storia di questo genere ?
In un solo modo: con le parole di chi c'era, di chi ha visto, di chi ne è diventato imperituro testimone.
Questo hanno fatto, con maestria e rigoroso rispetto, Leonardo Lestingi e Cristina Angiuli.
Dando voce a chi non ne ha avuta per troppo tempo. A chi, per motivi ideologici ancor più che per ignoranza storica, è stato per decenni dimenticato, negletto, emarginato, misconosciuto, non creduto.
Tra i banchi, ad assistere con gli occhi lucidi, c'erano i discendenti di chi riuscì a sfuggire a quel destino rifugiandosi a Bari in quel che poi diventò il Villaggio Trieste.
Non molto distante dalla riva di quel mare Adriatico che mai come in quel periodo si dilatò a separare popoli e coscienze.
E che solo il mantenimento della memoria del dolore può tendere a riavvicinare.
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© LERARIO Cosimo, 2022
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